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La questione incrocia ambito urbanistico ed edilizio, non è di facile comprensione ma potrebbe essere di facile risoluzione nella minuziosa ricostruzione dell’iter che ha portato alla concessione dei permessi a costruire del discusso Palazzo Bencivenni su cui la Procura della Reppublica ha apposto i sigilli per un sequestro preventivo giunto poco prima della chiusura di una complessa indagine.
L’eterna incompiuta di Soverato, il cui scheletro è rimasto per 30 anni ad affacciarsi in una delle zone più centrali della cittadina, era stata abbattuta nel 2019 per essere ricostruita con una variante urbanistica che aveva traslato di circa 3 metri il progetto originale, senza la previsione di una variazione della superficie fondiaria, per migliorare le condizioni di viabilità delle due vie che si incrociano in prossimità dell’edificio.
Per farlo era stata necessaria l’occupazione di una parte di terreno destinato alle opere pubbliche applicando il Pint (piano integrato di intervento urbanistico) che promuove e integra iniziative e risorse, pubbliche e private che al Comune avrebbero portato il vantaggio di avere realizzate opere pubbliche per oltre 200 mila euro con la costruzione di un centro di aggregazione, un’area parcheggi e la riqualificazione dell’area urbana. Da qui sono partiti gli iter urbanistici e quelli edilizi che per la Procura sarebbero inciampati nell’operato dell’ex responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Soverato. Partono così le indagini a carico dello stesso ex responsabile dell’ufficio tecnico e del titolare della società costruttrice, ma che non toccano nessuno degli amministratori comunali. La Procura sostiene la presenza di illegittimità nel rilascio del permesso a costruire emerse a seguito di indagini che si poggiano su una consulenza tecnica richiesta per accertare l’eventuale difformità dell’opera. Secondo la Procura la Regione avrebbe più volte decretato che il progetto presentato dalla società costruttrice non potesse trovare accoglimento per una divaricazione volumetrica “in violazione ai limiti inderogabili di densità edilizia in relazione alla superficie fondiaria privata”. Si evidenzia poi la posizione dell’Amministrazione Provinciale nella mancata indicazione degli elementi qualitativi necessari per vagliare l’effettiva sussistenza di “un’adeguata ponderazione tra gli interessi imprenditoriali e il beneficio speculare della collettività derivante dalla realizzazione di aree pedonali, ornamentali e parcheggi comuni, rendendosi necessarie specificazioni, al fine del rilascio dell’imprescindibile parere urbanistico”. L’ex responsabile dell’ufficio tecnico secondo le accuse si sarebbe reso responsabile di “aver chiuso la conferenza dei servizi sulla base di fatti non corrispondenti al vero, asserendo falsamente sia che l’amministrazione provinciale non avesse assunto alcun tipo di parere in merito all’oggetto della Conferenza, sia il mancato pronunciamento da parte della Regione sulla previsione dell’incremento volumetrico”. Di qui il sequestro preventivo e l’ipotesi di reato a carico dell’ex responsabile del Comune di abuso d’ufficio e falso ideologico “per aver riportato una falsa rappresentazione delle determinazioni dell’Amministrazione provinciale e regionale”.