Si chiariscono i contorni dell’operazione coordinata dalla Procura di Potenza che ha portato all’emanazione di undici misure cautelari che hanno colpito anche persone residenti a Montepaone e Gasperina e un’azienda con sede a Soverato.
Quattro le disposizioni di misure cautelari in carcere, cinque ai domiciliari e due gli obblighi di dimora: in tutto sono 16 le persone coinvolte e 4 le società.
L’inchiesta della Dda e dei carabinieri del Noe di Potenza ha fatto luce su un traffico illecito transfontaliero di rifiuti. Movimenti che, si spiega chiaramente negli atti, rappresentano uno degli strumenti di elusione dei controlli sul ciclo dei rifiuti e la causa di danni all’ambiente e alla salute dell’uomo.
Un vero e proprio fenomeno di dumping ambientale, con cui si intende l’esportazione di merci a prezzi molti più bassi di quelli praticati sul mercato interno, per mano di soggetti italiani che avrebbero agito con la correità di intermediari e di soggetti stranieri.
I rifiuti provenienti dall’Italia sarebbero così arrivati in quei Paesi caratterizzati da una disciplina più permissiva o comunque privi di capacità di controllo in materia di tutela ambientale, che costituivano la sede in cui si sarebbero svolte le attività da cui si traeva profitto, mediante trattamenti altamente inquinanti, con l’esito finale, come nel caso investigato dai magistrati lucani, dello “smaltimento o dell’abbandono incontrollato”. In mezzo società campane e tunisine e una società soveratese che avrebbe avuto, secondo i magistrati, un ruolo attivo nel traffico di rifiuti tra Italia e Tunisia.
I rifiuti provenienti dall’Italia finivano per essere incendiati o interrati in Africa. La Tunisia trasformata senza scrupoli in una discarica, in un traffico che nel 2020 movimentò nel Paese del Nord Africa 7.891 tonnellate di rifiuti stipati in settanta container. A fare da trait d’union tra i Paesi interessati dal traffico illegale sarebbe stato proprio il broker calabrese arrestato nelle scorse ore, che il giudice ha descritto nell’ordinanza come “al vertice di strutture ed attività criminali stabili nel tempo, che provocano enormi danni all’ambiente per lucrare indebitamente somme di denaro, con una avidità e professionalità nel delinquere che, nel settore in esame, hanno pochi paragoni possibili”.
Sarebbe stato lui ad avere contatti sia con le ditte tunisine che con la società di Polla che raccoglie e ricicla rifiuti urbani dalla provincia di Salerno e da altre regioni, come la Basilicata e la Calabria. E ancora dalla ditta soveratese arriva la cessione del contratto stipulato con la società tunisina coinvolta nello scandalo.