“Un susseguirsi di fatti di violenza che in queste settimane hanno colpito l’area della Sibaritide in Calabria. Episodi di ndrangheta, un’escalation criminale che non ha risparmiato niente e nessuno e non ha conosciuto sosta: incendi, intimidazioni di ogni tipo e omicidi.“
Questo è quanto scrive in un comunicato ‘Libera’ l’associazione di Don Ciotti che ha fatto della lotta alle mafie il suo scopo.
“Ci sono momenti – prosegue Libera – dove non servono belle parole o le solite frasi di circostanza, ma bisogna esserci, partecipare, essere presenti per riappropriarci dei nostri luoghi, dei nostri territori, della dignità calpestata e dimostrare anche fisicamente da quale parte si sta per sentirci tutte e tutti un po’ più Stato.
Libera scende in piazza sabato 17 febbraio alle ore 10.00, presso lo slargo dell’ex caserma dei carabinieri di Cassano all’Ionio per una passeggiata della legalità che terminerà in piazza Matteotti, dove seguiranno una serie di interventi, le cui conclusioni sono affidate a Don Luigi Ciotti, presidente di Libera e del Gruppo Abele.
Sarà presente il Vescovo, Mons. Francesco Savino. Un modo per rompere il muro del silenzio che per troppo tempo ha sovrastato, spegnendo la fiamma dell’indignazione rispetto al susseguirsi di fatti di violenza che si sono verificati in quel pezzo di Calabria.
Una lunga scia di sangue che ha lasciato a terra anche donne e bambini, contro ogni “codice d’onore”, vittime innocenti, come il piccolo Cocò Campolongo. Lo scorso 15 gennaio sono trascorsi dieci anni dalla storia atroce e dolorosa, quella di Cocò, assassinato nelle campagne di Cassano allo Ionio insieme al nonno, Giuseppe Iannicelli e alla compagna di quest’ultimo. Il 21 giugno del 2014, Papa Francesco si reca in visita pastorale in Calabria. Incontra i familiari di Cocò a Castrovillari e poi va a Cassano allo Ionio e durante la Santa Messa a Sibari, davanti a 250 mila persone, scomunica gli ‘ndranghetisti e i mafiosi.
A distanza di dieci anni da quel brutale omicidio vogliamo amplificare il monito di Papa Francesco contro gli adoratori del male, i mafiosi, che non sono in comunione con Dio e quindi sono scomunicati.
Corriamo il rischio che quel silenzio assordante possa trasformarsi in paura, o ancora peggio in rassegnazione. Un pericolo da evitare in tutti i modi, per questo è arrivato il momento di dire basta: perché non vogliamo morire di ‘ndrangheta.
Un appello, dunque, a ritrovarci tutte e tutti per mostrare il volto di una comunità che, piena di speranza, ha voglia di rialzarsi.”
