La controversia relativa alle concessioni demaniali a Soverato rimane aperta. Dopo la sentenza del Tar che aveva accolto il ricorso presentato da Azzurra Ranieri, dichiarando illegittime le proroghe concesse dal Comune di Soverato, la rappresentante pro tempore delle tre società ricorrenti, deposita l’appello al Consiglio di Stato, chiedendo di esprimersi sulla parte della stessa sentenza in cui i giudici amministrativi calabresi indicavano la strada da seguire al Comune di Soverato per salvare la stagione estiva. Una mossa inaspettata che getta nuova luce sulla vicenda, in piena stagione estiva mettendo in dubbio la legittimità delle concessioni provvisorie rilasciate dal Comune. Nell’Appello argomentato dal team legale composto dagli avvocati Domenico Grande Aracri, Francesco Scalzi e Salvatore Staiano, si contesta la decisione del Tar di lasciare al Comune il compito di gestire le concessioni demaniali marittime temporanee, e quella di respingere la richiesta di risarcimento danni. Per i ricorrenti il Tribunale amministrativo sarebbe andato oltre i limiti della questione sottoposta e dei motivi del ricorso, introducendo un tema nuovo che violerebbe il diritto di difesa.
L’inapplicabilità dell’Art 10 al caso soveratese e la contestazione di abuso e sviamento di potere
Nella sentenza del Tar Calabria 653/2024 “pur accogliendo il ricorso di primo grado- spiegano i ricorrenti- si è disposto che rimanesse in capo al Comune di Soverato il compito di curare, nelle more dell’espletamento delle gare, i molteplici interessi pubblici e privati, eventualmente facendo applicazione, dietro richiesta degli interessati, dei tradizionali istituti del codice della navigazione, quali la concessione demaniale marittima provvisoria ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, recante il Regolamento di esecuzione del codice della navigazione, come consta essere stato fatto in altre realtà locali”. I ricorrenti però stigmatizzano i rimandi del Tar contestando la violazione secondo cui: “In generale, il giudice non si può pronunciare oltre i limiti della concreta ed effettiva domanda che le parti hanno sottoposto al suo esame e dunque oltre i limiti del petitum e della causa petendi. Ne consegue che sussiste il vizio di ultrapetizione laddove il giudice abbia attribuito alla parte una utilitas che non era stata richiesta e laddove abbia esaminato ed accolto il ricorso per un motivo non prospettato dalle parti”. Per i ricorrenti insomma il Tar sarebbe andato oltre quanto richiesto dai motivi del ricorso tanto quanto dalle argomentazioni difensive avversarie.
L’erronea applicazione dell’articolo 10 del DPR 328/1952
Nel ricorso si chiede poi al Consiglio di Stato di entrare nel merito dell’applicazione da parte del Comune dell’articolo 10 del codice della navigazione con cui si sono concesse tutte le concessioni provvisorie che hanno dato ai concessionari uscenti la possibilità di riavviare le attività. Secondo gli avvocati non solo si sarebbe andato oltre il quesito iniziale, ma si sarebbe commesso un errore nelle indicazioni che avrebbero violato nel contempo la Costituzione e la stessa normativa del codice della navigazione richiamata. L’articolo 10 non sarebbe stato correttamente applicato in quanto prevederebbe che: la concessione provvisoria si basi sul presupposto che la stessa debba essere rinnovata e che per essere rilasciata sia necessario ottenere la “previa autorizzazione del ministro per la marina mercantile”. “Orbene -spiegano gli avvocati nel ricorso- in ordine al primo aspetto è evidente che, per come stabilito nella medesima sentenza impugnata, non vi può essere alcun rinnovo della concessione in favore dei concessionari uscenti quanto piuttosto essi possono vantare un mero interesse di fatto poiché l’amministrazione deve necessariamente indire i bandi di evidenza pubblica. In ordine al secondo aspetto, lo stesso Comune nemmeno si è preoccupato di chiedere il previo parere, posto che nei suddetti provvedimenti non se ne fa alcun cenno ad un parere del Ministero della Marina Mercantile ovvero, a seguito del D.Lgs. 300/1999, di quello delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
La richiesta di risarcimento danni
Per il Tar i danni che la deliberazione impugnata avrebbe già provocato non sono né specificati, né dimostrati, ma per i ricorrenti non sarebbe così in quanto “la mancanza di bandi pubblici determinati anche dall’emissione di ulteriori provvedimenti di proroga delle concessioni, è tale da comportare addirittura il dissesto delle società ricorrenti”.
La richiesta al Consiglio di Stato
La richiesta sarebbe quindi quella di annullare la parte della sentenza contestata e di riconoscere il danno economico da quantificare in un separato giudizio. Una sentenza in forma semplificata che deciderà definitivamente sul futuro delle concessioni balneari e dell’estate già avviata per decine di attività. © RIPRODUZIONE RISERVATA