Il gup del Tribunale di Catanzaro, Mario Santoemma, ha emesso cinque condanne e un’assoluzione nell’ambito del procedimento, celebrato con rito abbreviato, sul presunto sfruttamento dei lavoratori impiegati nei supermercati del gruppo Paoletti, attivi nei territori di Montepaone, Soverato e Chiaravalle Centrale.
Sette anni di reclusione per l’imprenditore
La pena più severa è stata inflitta al titolare della catena, Paolo Paoletti, condannato a 7 anni, 9 mesi e 10 giorni di reclusione, oltre a una multa di 4.700 euro, alla interdizione perpetua dai pubblici uffici e alla interdizione legale per la durata della pena. Per Paoletti l’accusa aveva richiesto 14 anni di reclusione e 4.000 euro di multa.
Condannata anche la moglie Anna Valentino a 4 anni, 11 mesi e 16 giorni e una multa di 2.733 euro (a fronte di una richiesta di 9 anni e 2 mesi).
Pene inferiori per gli altri imputati:
- Vittorio Fusto, dipendente del gruppo, è stato condannato a 2 anni e 10 mesi e a una multa di 3.800 euro;
- Tiziana Nisticò, collaboratrice, a 3 anni, 2 mesi e 26 giorni e 1.067 euro di multa;
- Vito Doria, conciliatore sindacale della Uila, a un anno e quattro mesi, pena sospesa.
Assolto invece Rosario Martinez Paoletti, figlio dell’imprenditore, per il quale erano stati richiesti un anno e quattro mesi.
Risarcimenti a dipendenti e sindacati
Il giudice ha riconosciuto il diritto al risarcimento per tre parti civili nei confronti di Paoletti, Valentino e Fusto, mentre Paoletti, Valentino, Fusto e Nisticò sono stati condannati al risarcimento di 39 parti civili, tra cui numerosi ex dipendenti e le sigle Cgil Calabria e Filcams Cgil Calabria.
È stata invece rigettata la richiesta di provvisionale e non è stata disposta la confisca delle società Food & More srl e Paoletti spa, per le quali è stato comunque confermato il controllo giudiziario.
Le accuse: paghe da 4 euro l’ora e pressioni sui dipendenti
L’inchiesta, condotta dalla Guardia di Finanza di Catanzaro e coordinata dal pm Saverio Sapia, ha portato alla contestazione di pratiche lavorative gravemente irregolari.
Secondo quanto emerso, i dipendenti avrebbero ricevuto retribuzioni inadeguate, anche 4 euro l’ora, a fronte di settimane lavorative di oltre 50 ore. Parte degli stipendi sarebbe stata inoltre restituita in contanti agli imprenditori, sotto la minaccia del licenziamento, sfruttando lo stato di bisogno economico dei lavoratori.


