Durante l’ultimo weekend, in due note discoteche che si affacciano sul mare, alcuni ragazzi hanno bevuto troppo. (Leggi la notizia)
Qualcuno è finito in ospedale, qualcuno è stato riconsegnato ai genitori. Una cronaca in apparenza come tante in un’Italia dove la movida è forse il palcoscenico più democratico del Paese: accoglie tutti, ma non educa nessuno.
I controlli delle forze dell’ordine a Soverato e Stalettì hanno riportato a galla quello che preferiamo dimenticare tra un cocktail e una story su Instagram: ci sono minori che bevono, adulti che chiudono un occhio e buttafuori improvvisati che non hanno neppure il permesso di esserlo. “Una storia vecchia” diranno in molti: ma allora perché ci colpisce ancora?
Perché in fondo sappiamo che un ragazzo ubriaco di notte è il sintomo di un vuoto di giorno. Un vuoto di ascolto, di educazione, creato da adulti che preferiscono la paura del “divieto” alla fatica dell’esempio. Ci accorgiamo che controllare non basta: serve accompagnare. Ecco che emerge prepotente il bisogno di genitori presenti, di meno retorica e di scuole che parlino di libertà, ma anche di limiti.
In questa storia però il bicchiere mezzo pieno c’è e lo porge una Polizia che non si limita a sanzionare, ma che entra nel Magna Graecia Film Festival, parla con i ragazzi e racconta cosa significa legalità tra un film d’autore e un selfie con la Lamborghini della Stradale. C’è uno Stato che ci prova a spiegare prima di punire; a educare prima di intervenire.
La movida, alla fine, è lo specchio del Paese e se vogliamo riempire quel bicchiere, non possiamo farlo solo con le multe. Serve cultura e coraggio; anche quello di dire “no”, quando tutti dicono “sì”. E il coraggio di restare sobri, in un mondo che ci vuole sempre alticci di superficialità.