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Concessioni demaniali, il Consiglio di Stato respinge la cautelare

Non ci sono motivi tali da giustificare un’istanza cautelare e con queste motivazioni il Consiglio di Stato respinge l’istanza cautelare proposto da Azzurra Ranieri, Ranieri Group di Ranieri Antonio & C S.a.s., Ranieri Group S.r.l., Ranieri Cantieri Nautici S.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati Domenico Grande Aracri, Francesco Scalzi e Salvatore Staiano, contro il Comune di Soverato rappresentato dall’avvocato Achille Morcavallo.

La richiesta era di riformare la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria n. 653/2024; che aveva accolto il ricorso contro il Comune, ma che aveva dato allo stesso ente “il compito di curare, nelle more dell’espletamento delle gare, i molteplici interessi pubblici e privati, eventualmente facendo applicazione, dietro richiesta degli interessati, dei tradizionali istituti del codice della navigazione, quali la concessione demaniale marittima provvisoria ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, recante il Regolamento di esecuzione del codice della navigazione, come consta essere stato fatto in altre realtà locali”. Questa la parte contestata che, però, secondo il Consiglio di Stato non ha “alcun nesso di pregiudizialità necessaria fra questo giudizio e quello attualmente pendente dinanzi al Tar, e che del pari, non sussistono le esigenze cautelari prospettate dall’appellante sul piano del fumus”.

Per i giudici inoltre non emergerebbe nemmeno un pericolo di danno grave e irreparabile, poiché dalla eventuale sospensione della frase succitata non discenderebbe alcuna conseguenza in ordine alle concessioni provvisorie: in particolare, non discenderebbe alcun vantaggio per la parte appellante, nella misura in cui essa non potrebbe comunque vantare un diritto pretensivo a ottenere le concessioni provvisorie, negate e oggetto della succitata separata impugnazione, valendo anche per lei la regola della procedura competitiva.

Di qui la decisione di respingere l’istanza cautelare e di far ricadere sulla parte appellante l’obbligo di rifondere le spese di 2 mila euro, in favore del Comune. Un atto che arricchisce una vicenda complessa, non ancora però definitivamente conclusa.

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