Si complica, e non poco, la gestione del progetto di demolizione e ricostruzione dell’ex Comac, l’ex fabbrica di quarzo che negli ultimi anni era stata riscoperta e valorizzata come raro esempio di archeologia industriale e che, dopo la vendita all’asta, è finita al centro di un ambizioso piano di trasformazione urbanistica. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria ha infatti accolto il ricorso presentato dalla COMAC S.r.l. contro il Comune di Soverato, annullando il diniego con cui l’amministrazione aveva respinto la richiesta di permesso di costruire per un intervento di ristrutturazione edilizia con ampliamento.
Una decisione che riapre un dossier delicato, destinato a incidere sul futuro di una delle aree più discusse della città. Il contenzioso nasce dal “non accoglimento” della pratica con cui la società proprietaria aveva chiesto di intervenire sull’immobile facendo riferimento alla legge regionale n. 25 del 2022, che disciplina la ristrutturazione edilizia con ampliamento e l’accesso alle cosiddette premialità volumetriche. L’obiettivo del progetto, dopo la demolizione del manufatto, è la realizzazione di un complesso di alloggi residenziali.
Secondo la ricostruzione della COMAC S.r.l., l’amministrazione comunale avrebbe adottato un atteggiamento dilatorio e carente sul piano procedimentale, culminato in un diniego privo di una motivazione adeguata e non rispettoso delle garanzie partecipative previste dalla legge. In particolare, la società ha contestato la mancata valutazione della memoria partecipativa depositata e l’erronea qualificazione urbanistica dell’area come “agricola”, ritenuta ostativa alla realizzazione dell’intervento.
Il Comune di Soverato, costituitosi in giudizio, aveva difeso il proprio operato sostenendo che, in assenza dell’approvazione del Piano strutturale comunale (PSC), l’area ricadrebbe in zona agricola e che il progetto – prevedendo un edificio di cinque piani fuori terra – sarebbe in contrasto sia con le Norme tecniche di attuazione comunali sia con i limiti fissati dal DM n. 1444 del 1968.
Una tesi che non ha convinto il Collegio. Il TAR ha ritenuto fondate le censure della società, rilevando innanzitutto un evidente difetto di motivazione: il provvedimento di diniego, si legge nella sentenza, “non esplicita le ragioni del mancato accoglimento delle osservazioni presentate da COMAC, limitandosi a una conferma meramente assertiva delle motivazioni già espresse nel preavviso di rigetto”. Una lacuna che, secondo i giudici amministrativi, impedisce di ricostruire l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione. Ma non è tutto. Nel merito, il TAR ha chiarito un principio destinato a pesare anche su altri casi analoghi: la disciplina introdotta dalla legge regionale n. 25/2022 consente interventi di ristrutturazione edilizia con ampliamento anche su edifici ricadenti in zona agricola, purché legittimamente esistenti. La destinazione urbanistica dell’area, dunque, non può essere opposta come limite automatico all’accesso alle premialità volumetriche, che, secondo il Tribunale, “seguono il fabbricato” e non la zonizzazione.
I giudici hanno inoltre evidenziato come nel provvedimento impugnato non sia stata dimostrata l’asserita carenza di sottoservizi o infrastrutture primarie, circostanza richiamata dal Comune solo in sede processuale. Anche sul fronte dell’altezza e del numero dei piani, la sentenza è netta: la legge regionale consente di superare i limiti fissati dal DM n. 1444/1968 e dagli strumenti urbanistici comunali, permettendo la sopraelevazione fino a un piano aggiuntivo, nel rispetto dei parametri volumetrici complessivi.
Da qui l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del diniego, con la possibilità per il Comune di Soverato di riesaminare la proposta progettuale avviando un nuovo procedimento istruttorio. Una porta che si riapre, ma che impone ora all’amministrazione una scelta chiara e motivata su un intervento che continua a dividere, tra memoria industriale, sviluppo edilizio e delicati equilibri urbanistici. © RIPRODUZIONE RISERVATA


